Il caso

Expo: sei stato a un corteo? Allora ti licenzio in tronco

La denuncia della Cgil di Milano: diversi lavoratori sono stati mandati a casa sulla base di informazioni della polizia. E' bastata una nota sugli schedari, una segnalazione o una denuncia mai arrivata a processo. Per esempio, per una marcia per la pace. O una protesta studentesca

di Francesca Sironi
Expo: sei stato a un corteo? Allora ti licenzio in tronco
Lo stato d'eccezione si fa norma, a Expo 2015. Dentro l'Esposizione Universale di Milano può lavorare infatti solo chi ha il nulla osta della Questura, può “nutrire il pianeta” solo chi non è mai incappato in un registro di Polizia. E non si tratta soltanto di reati, di fedina penale, di “allerta terrorismo”: basta una nota sugli schedari, una segnalazione o una denuncia mai arrivate a processo perché venga bloccata l'autorizzazione ad accedere alla fiera. Basta aver soltanto partecipato a «marce per la pace», come racconta Anna.

Il dilemma tra sicurezza e diritti prende corpo negli esposti che sta raccogliendo la Cgil di Milano: già 500 casi di persone che avevano richiesto il pass per entrare alla fiera da dipendenti, giornalisti o interpreti e si sono viste negare il documento «per ragioni sconosciute». E ora la questione è arrivata in Parlamento.

Marco – nome di fantasia – ha raccontato la sua storia a Radio Popolare: «Il 9 aprile sono stato assunto regolarmente da Coop Lombardia per lavorare al Supermercato del futuro, dentro Expo. Ho seguito la formazione teorica e l'addestramento pratico. Nessun problema fino al 30 aprile. Chiamati dall'azienda, io e altri due ragazzi - che poi ho scoperto essere nella mia stessa situazione - restiamo in attesa fuori dall'ufficio del personale. Quando entro mi dicono: «Ci dispiace ma il nostro rapporto termina qui. Per ragioni a noi sconosciute la Questura ha negato il suo pass». Sono cascato dalle nuvole, ho chiesto spiegazioni, hanno detto che la Polizia non gliene aveva date. Solo che aveva «respinto la richiesta». Così mi hanno licenziato seduta stante dicendomi che ero stato assunto per l'Expo e il fatto di non poter entrare era sufficiente a lasciarmi a casa».

I suoi precedenti penali? «Nessuno», spiega lui, che ha fatto causa con un avvocato della rete “San Precario”: «Da studente universitario ho partecipato alle proteste dell'Onda contro la riforma scolastica di Mariastella Gelmini e frequento spazi sociali». Basta questo per diventare una minacci alla sicurezza ed essere considerati un pericolo pubblico. Senza possibilità di appello.

Partecipare all'Onda o alle manifestazioni contro la guerra è un reato? No, non lo è, in una democrazia. Ma la democrazia a quanto pare è stata sospesa dentro i confini dei padiglioni di Expo, per far posto a procedure eccezionali che la società giustifica dicendo che l'evento è stata dichiarato «obiettivo sensibile, nonché sito di interesse strategico nazionale, per cui, per essere accreditati, occorre non aver mai commesso reati».

Il problema è che, dalle prime testimonianze raccolte da Matteo Pucciarelli per Repubblica , L'Espresso e dalla Camera del Lavoro, ci sono molti casi in cui il bando da Expo non nasce da reati contestati o riconosciuti: «Ma di semplici “informative di polizia” mai arrivate nel casellario penale», spiega Antonio Lareno, segretario generale della Cgil di Milano: «Nessuna istituzione ci ha risposto su quali siano i criteri in base ai quali vengono negati o concessi i pass. Né è stato indicato quale ordinanza o disposizione di legge autorizzi Expo a fare questi controlli. E non è mai stato firmato alcun protocollo a riguardo». Per questo, spiega Lareno, la Cgil sta inviando diffide alla società dell'Esposizione e alle aziende che licenziano per i “visti” negati: «Dal nostro punto di vista queste procedure sono violazioni palesi dello statuto dei lavoratori sul diritto all'opinione e di quello della privacy».

Già, perché ad oggi sulla “piattaforma accrediti” di Expo, spiega, sono registrate circa 30mila persone: significa che per tutti questi comuni cittadini, così come per gli altri che sono stati rifiutati, Expo e Questura hanno potuto fare uno screening “di sicurezza” approfondito. Senza che gli interessati lo sapessero. La risposta è sempre la stessa: che i controlli vengono fatti «accedendo a fonti strutturate» e che sono «le autorità di Polizia a gestire queste informazioni». Ma i risultati, comunicati poi dalla società Expo, possono mettere a rischio la privacy dei singoli: molti hanno paura di essere additati ora come “pericolosi” dai colleghi solo perché Expo li ha definiti tali. O di avere problemi sul contratto.

Valeria è una giornalista pubblicista e ha scritto a Radio Popolare quello che le è successo: «Invio a maggio tutti i moduli necessari per ottenere l'accredito Stampa e visitare i padiglioni. Il 12 maggio vedo sul portale web che la richiesta è stata negata. Chiedo spiegazioni e mi rispondono: «Non abbiamo informazioni, solo la sua domanda non è passato al vaglio della Questura». Chiamo l'Ordine dei giornalisti ma dicono che non si può fare nulla fino a che non sarà chiarito il motivo del diniego. Chiamo due volte la Questura e non mi fanno sapere nulla. Conclusione: posso pagare il biglietto ed entrare a Expo da turista ma non accedere come giornalista. Siamo nel Cile anni '70 e non me ne sono accorta?».

La beffa è infatti che tutti questi controlli riguardano solo i lavoratori che chiedono il tesserino. E non i turisti o i viaggiatori a cui è chiesto soltanto di attraversare i metal detector per motivi evidenti di sicurezza all'interno del perimetro. Finisce così che alcuni “respinti” stanno accedendo lo stesso ai padiglioni, quando ne hanno bisogno, pagando il ticket come tutti gli altri anche se avrebbero avuto diritto a un accesso diretto.

Ora la questione è arrivata a Roma. Il deputato di Sel Daniele Farina ha presentato il 18 maggio un'interrogazione parlamentare ai ministri dell'Interno e del Lavoro per chiedere spiegazioni sulle procedure di pubblica sicurezza utilizzate all'Expo. «Il problema sono i diritti dei lavoratori», spiega: «E la nebbia che avvolge gli atti che autorizzano questi controlli. Ricordiamoci che è un evento finanziato con miliardi di euro pubblici». Ora, dice, proverà a trasformare l'interrogazione in un'interpellanza urgente, per ottenere risposta al più presto, anche perché la fiera universale durerà solo sei mesi. Sei mesi di diritti sospesi?
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